Aprii gli occhi di scatto, mal di testa improvviso al risveglio, ottimo. Mi misi a sedere sul divano, a quanto pareva avevo dormito lì e di nuovo non ricordavo. Da giorni sentivo voci parlare sottovoce, come un forte fruscio. Nella mia testa c'era una confusione abnorme, non capivo da dove venissero ed ogni tanto l'ululare di un cane spezzava il chiacchiericcio senza senso che continuava, e continuava, e continuava...
Mi alzai, la vista sfocata come in un brutto film surrealista. I brandelli dei miei vestiti svolazzavano attorno, il giubbotto era andato non so come, i jeans distrutti, la felpa quasi assente. Che diavolo avevo fatto? Perché ero seminudo?
Prima o poi avrebbero smesso! Prima o poi avrebbero smesso... Cercavo di autoconvincermi che prima o poi ci sarebbe stato silenzio in questi finti pensieri non miei.
Queste frasi mi uccidevano mentalmente, mi distruggevano il cervello, ogni parola era un brivido, un tremito. Se avessi potuto mi sarei trafitto le tempie con le unghie e mi sarei
strappato i lobi frontali, cazzo! Ma cosa sarebbe finito? Non avevo la minima idea di quello che dicessero, di quel che volessero dire. Ero solo a casa, non c'era nessuna festa, lo stereo era spento e non c'era nessuno in strada a quell'ora. Avevo finito le lacrime dalla disperazione, tra poco avrei fuso 'sti occhi difettosi. Andai in bagno, in pratica il solito passo di 30 centimetri. Afferrai la boccetta di Rivotril dallo sportello dietro lo specchio e ne bevvi metà. Se non mi avesse calmato almeno avrei dormito e magari non mi sarei svegliato, tanto di guadagnato. Anche se i sogni non erano proprio meravigliosi... Prima un deserto ed una battaglia, poi un villaggio in fiamme. E non avevo la tv, mai comprata, libri del genere non ne leggevo...
C'era mezza bottiglia di vodka sul tavolo, nessuna voglia di chiedermi da dove venisse, pensavo di averla finita. Ne buttai giù fino a ridurla di un decimo e di nuovo mi sedetti con la testa tra le mani, stavolta sulla tavola del cesso. l'immagine che scorgevo allo specchio non mi apparteneva: mi stavano sparendo le sopracciglia, i capelli erano cresciuti un po' troppo, lisci e rossi. Non erano tanto male, ma non erano i miei! La barba era assente, eppure avevo un pizzetto lungo. Il mento mi faceva male, restringendosi ed allargandosi allo stesso tempo. Glabro sul petto, dal villoso che ero, la pelle scura tra giallo e marrone. Tutta la pelle diventava scura. Ruttai. L'alito sapeva di terra, Rivotril e vodka, mi fece bruciare il naso. Poggiai le mani sul bordo del lavandino e strinsi con forza fino a farmi venire i crampi e le nocche bianche, o gialle merda. La lampadina emanava una luce diversa, le voci non smettevano, la luce bruciava e pervadeva ogni mia cellula, le voci non smettevano, la luce era diversa prima, le voci non smettevano. Girai di scatto la testa verso il bulbo luminoso, le voci non smettevano, mi frustai le spalle con i capelli ed uscì sangue scuro, le voci non smettevano, il cane ululò. Gli occhi bruciavano e ogni parte del mio corpo indesiderato bruciava, le voci non smettevano, le tempie pulsavano ora convulsamente, le voci non smettevano. Mi voltai ancora verso lo specchio stronzo e illusorio, mi alzai e un breve urlo soffocato uscì dalle nuove labbra strette come lame di rasoio, nere come avessi mangiato carbone, le voci non smettevano, si erano fermate un attimo quando avevo urlato. Occhi bianchi, vene rosse sulla congiuntiva, niente iride o pupille, le voci fottute non smettevano! Ci vedevo lo stesso, anche se sfocato, i denti rossi, stessa tonalità dei capelli, scuri e lucidi. Le voci non smettevano, stavolta urlai forte e chiusi gli occhi. Li riaprii, il riflesso sullo specchio mi mostrò l'immagine di una donna dietro di me, poggiata alla porta, bionda e vagamente familiare. Mi girai e non c'era,
le voci non smettevano.
Era insopportabile! Tirai un pugno allo specchio e si frantumò, macchie di sangue sporco, nero e scuro sulle schegge riflettenti. Non ce la facevo più. Inspirai ed espirai a fondo, forte. Un pensiero mi balenò in testa, non sapevo dire se mio o di quelle fottute voci, anche le mie parole mentali erano sfocate. Decisi di seguire quell'idea, vivere così non mi piaceva, in un corpo non mio e sempre ossessionato da questo chiasso mentale. Corsi in camera, uno scatto bloccato a metà, afferrai la coperta e ne strappai una striscia lunga e
spessa. Le voci si fecero più alte, più rumorose, più chiassose. Dovevo fare in fretta, farle smettere in qualche modo! Un modo ce l'avevo. Feci un nodo per legare la striscia della coperta ad una gamba del letto, ne feci un altro largo all'altro capo e ci infilai la testa. Non avevo mai imparato a fare lo scorsoio, ma il principio era di stringere, no? Vuotai la vodka, gettai la bottiglia che si frantumò sulla parete. Le voci non smettevano. Mi buttai dalla finestra con la corda al collo. Il mio volo fu arrestato da uno strattone potente, una ragazza urlò fuori, qualcuno c'era in giro. Udii il letto che si spostava di botto poco prima che mi scoppiassero i timpani, uno schiocco secco mi spaccò trachea e osso del collo. Le voci erano cessate. Un sospiro. Era mio o delle voci? Avevano smesso.
Si dice che quando si muore tutta la vita passa davanti agli occhi. Non so se sia vero o meno, so solo che vidi fumo rossastro.
Sarà stato per qualche minuto, qualche secondo o qualche ora, non ne ho ricordo, ma poco a poco vidi meglio e quel fumo svanì. Stavolta sì, vidi nero, ma avvertii qualcosa che mi copriva la faccia, che stringeva il corpo e non mi faceva muovere. Un peso mi avvolgeva, e quel peso era ancora avvolto da qualcos'altro...
Sentivo il fruscio di qualcosa di esterno, non capivo cosa fosse. Intanto sentivo... non il tatto, come una sensazione... insomma, venivo trascinato per un braccio che non si alzava, come fosse bendato. Sentivo caldo, suoni indistinti e rumori silenziosi.
Un brontolio molto basso, come una frana lontana, pietre massiccie una sopra l'altra, rauche e che si articolavano in qualcosa che riuscivo a stento a capire...
Un brontolio molto basso, come una frana lontana, pietre massiccie una sopra l'altra, rauche e che si articolavano in qualcosa che riuscivo a stento a capire...
- Sicura che ci sia ancora lì dentro?-
Fruscio scoppiettante di risposta...
- Per chi mi hai presa? Ho fatto quello che mi hai chiesto.-
- Vedremo. Ho fame.-
- Aspetta. C'era bisogno di ammazzarli tutti qui dentro?-
- No.-
- Allora perché?-
- Perché non mi piaceva il loro odore da vivi. Brucia tutto.-
- Cazzone. Usciamo, va...-
Scoppiò qualcosa, sentii lo spostamento d'aria ed il caldo, non riuscivo a muovermi, mi abbandonava la coscienza...
Ora freddo, ancora occhi chiusi, il collo bloccato, ero seduto. Mi mancava un involucro, ero più leggero. Due strappi umidi e vidi di nuovo. Non c'era buio, non c'era luce. Di nuovo la frana:
- Ora ci dovrebbe vedere un po'.-
- Ci credo, gli hai strappato le palpebre!-
Davanti a me era enorme, una statua gigante, ocra, che si muoveva coprendo la stanza.
Toccava il soffitto con qualcosa che sembravano corna, braccia lunghe, grosse e coperte di aculei e spine come rovi incastonati nella roccia. Non avevo paura, nessun sentimento, niente di niente. Osservavo.
Accanto a quella cosa che copriva quasi tutta la visuale, un mantello nero veniva indossato da una figura più piccola, con i contorni sempre in movimento e fluidi, gialli, rossi e arancioni. Una figura bionda.
La statua parlò con una valanga di suoni:
- Sveglia bestia. Non puoi parlare, sei morto e hai il collo spezzato, probabilmente senti un po' di tensione alla testa. Beh, è quello.-
- Ma glielo devi dire proprio così?-
- Meglio togliersi il pensiero, la delicatezza non serve.-
Cominciai a capire. Mi ero buttato dalla finestra. Ma perché ero di nuovo a casa?
Il fuoco biondo mi lesse dentro:
- Sei qui perché ci servi. Gli servi. Ho tenuto la tua anima dentro il corpo. Eri all'obitorio dentro quel sacco, c'è stato un "incidente" e quell'edificio ora non esiste più.-
Accennò ad una sorta di enorme busta della spazzatura. Ecco cos'era il primo involucro.
Intuii che l'altro doveva essere il corpo, dato che non sentivo tatto.
- Io sono Ba'al. Ero dentro di te. Ora tu sarai dentro di me.-
Il mondo si capovolse, venivo sollevato per la gamba sinistra, in un secondo non sentii più la presenza del mio arto e altre pietre schiacciarono ossa. Il colosso mi aveva preso, voltandomi vidi che masticava con denti appuntiti un polpaccio, quello che non sentivo più.
Mi stava mangiando.
Per una buona mezz'ora continuò a masticare, inghiottendo ogni parte di un corpo sempre più leggero, sbranava velocemente e con metodo. Strappava senza problemi tendini, muscoli, le morbide ossa umane.
Arrivò al collo, ormai aveva quasi finito, la stanza dondolava sotto i miei occhi. Sono stato sputato sul mondo, mi sembra quasi giusto morire inghiottito. Sentii del fiato caldo, umido e denso sulla nuca, che immediatamente mancò all'appello. Penso fosse la penultima parte, perché l'ultima cosa che vidi prima che mi si spappolasse l'occhio sinistro fu una zanna che si avvicinava pericolosamente alla pupilla. Era finita, avrei saputo cosa ci sarebbe stato dall'altra parte, la risposta alla domanda che da millenni si faceva l'uomo, la domanda che aveva fatto in modo che il bipede mammifero che infestava la terra fondasse una religione sopra e dopo l'altra. Avrei visto finalmente l'altra parte, e sinceramente non me ne fotteva niente. L'unica domanda che mi son sempre fatto su questo argomento riguardava la presenza o no di un'area fumatori.
Mal di testa. Mi sentivo un po' rintronato, alito pestilenziale, sabbia in bocca e non riuscivo a chiudere gli occhi. O meglio, l'occhio. Quello sinistro non lo sentivo, e non vedevo che da quello destro, senza palpebra e quasi secco. Vedevo solo sabbia, aria color sabbia, solamente sabbia.
Mi portai istintivamente la mano alla testa e cercai di rialzarmi poggiando l'altra a terra, ma ottenni un diverso risultato. La mano a cui avevo comandato di sollevarmi stava sul palmo, il braccio non seguiva i movimenti e l'altra mano si poggiò sul torace.
Provai di nuovo a toccarmi la testa con tutt'e due le mani. Una toccò di nuovo il torace, l'altra il ginocchio. E che cazzo.
Sentivo tutto, ma niente era al proprio posto. Ci fosse stato qualcosa di colore diverso dalla sabbia avrei capito che diavolo mi stava succedendo, dov'ero e come cazzo ero messo.
Invece niente, tutto l'ocra del mondo era stato portato davanti ai miei occhi come un vecchio sudario secco. Per capire non avevo che un occhio senza palpebra e la bocca per terra, l'olfatto soffocato da puzza di terra e di carne bruciata. Non sembrava la mia perché non sentivo calore.
Bella la vita dopo la morte. Uno spasso.
Sbuffai annoiato, pensando a che diavolo di rottura fosse l'aldilà. Il mio respiro però colpì la spalla destra, lo sentii chiaramente. Una delle rare idee che mi venivano in mente mi parve buona, quindi decisi di tentare la sorte e vedere se riuscivo ad avvicinarmi alla radice del collo, se non altro per dare a me stesso una parvenza di forma umana: mi sarei fatto meno schifo. Fisicamente intendo, perché moralmente mi sentivo una merda già da anni e non mi aiutò il veloce pensiero di un rapporto orale con me stesso, che in questa condizione
sarebbe forse stato possibile.
Feci dondolare la testa muovendo guance e mandibola, puntando il collo verso il punto più vicino a dove avevo sentito il mio fiato. Mi girai e rigirai, riuscendo a sentire il sangue ancora caldo del collo che sfiorava le vertebre cervicali, troncate dai denti di quella cosa, quello stronzo di Ba'al. Se l'avessi incontrato un'altra volta, gli avrei regalato un calcio nel culo. O avrei pagato qualcuno per regalargielo da parte mia.
Le ossa del collo scrocchiarono improvvisamente, con un dolore sordo che arrivò fino alla nuca, la carne si contrasse prima e distese poi, sentii i nervi allungarsi. Dedussi di essere riuscito non so come a mettere a posto la testa, che ora riuscivo a muovere bene per quanto la posizione me lo permettesse. Piegai il braccio sinistro per capire attraverso il rumore che faceva strisciando sul terreno se fosse vicino o meno, e lo individuai poco lontano, circa un metro dietro di me. Fortuna che non sentivo la presenza di nessuno scalino
o rialzo sul terreno. In quel momento realizzai che mi era andata bene non aver avuto la schiena poggiata a terra, sarebbe stato un casino attaccarmi la faccia al contrario e vedere il mio culo invece del ciclope rosa.
Riuscii a far strisciare le braccia verso il tronco e gli stessi dolori, crampi e scosse mi fecero tornare il tatto agli arti superiori. Riuscivo a muovermi con le braccia, avvicinarmi alle gambe non sarebbe stato difficile. Ero umanoide di nuovo, mi alzai in piedi dopo aver finito il collage e recuperai le palpebre da una piccola buca sul terreno, che trovai con i piedi, visto che non si vedeva che polvere. Le riattaccai, sperando di non averle invertite, e l'occhio destro cominciò a lacrimare di nuovo. Mi dovevo rassegnare: sarei rimasto orbo.
Un attimo di rassegnazione mi bastò. Ero incazzato. Non so come, trovai degli stracci per coprire un po' le parti basse, non avrei voluto una multa per mancanza di porto d'armi. Ora, come si esce da qui?
Perché mi devo incazzare.
anche se quando mi sveglio con i postumi a schiacciarmi tra il soffitto e le lenzuola maleodoranti mi accontento di un paracetamolo e un po' di tiaccacì, il tuo post mi urla sensazioni talmente vere da sembrare surreali...
RispondiEliminaforse dovrei anch'io lasciar vagare i neuroni scrivendo piuttosto che piangermi addosso. per il momento, elucubro sciocchezze. se mai ti va di dare un'occhiata, puoi passare su http://tiraforalidenti.wordpress.com/
ciao ciao