giovedì 30 settembre 2010

Stati di depressione e whisky in sclero. Quinta puntata.



Mancava poco tempo, solo qualche minuto. Giusto il tempo di accarezzare ancora una volta Larish, che aspettava con me, e sarebbe iniziata. Un sole rosso cominciava a levarsi, i miei compagni stavano in silenzio dietro le dune e aspettavano un mio ordine. In lontananza la polvere arancione si faceva più alta ed il suono di migliaia di passi diventava assordante nonostante la sabbia leggera coprisse anche il respiro dei falchi da esplorazione. Osavano attaccare. Avevano deciso di chiudere la porta che eravamo riusciti a spalancare con tanti sforzi... Dovevano morire, o non avremmo potuto più ritornare.
Ora! Sollevai Larish, e anche lei urlò con me ai miei sottoposti e compagni:
- In piedi! Voglio le loro teste! -
Cominciarono insieme a me a correre verso di loro, senza urlare, senza gridare, come avevo loro insegnato. Il silenzio fa più paura.
La prima fila mi fece strada falciando i primi che avevano avuto tanta sfrontatezza da pararcisi davanti per proteggere il loro capo, l'uomo che volevo massacrare di persona.
Lo vidi, correva anche lui verso di me, ma la sua spada aveva meno fame della mia.
Larish urlava, sbraitava, ululava e ringhiava. Rise di eccitazione quando con un fendente la vibrai contro Kruor.
- Su, apri gli occhi. -
Una voce calda, profonda, femminile... Attorno a me un respiro che riesco a definire solo come enorme... Grande, come sentire un mantice gigantesco...
- Uff... dai, svegliati! -
Aprii piano gli occhi, ancora sotto shock per il sogno, così vivido da sentire il gusto della sabbia in bocca. Era buio, ma non del tutto, qualche ombra c'era, riuscivo a distinguere qualcosa di più chiaro. Una mano calda sul petto, assieme ad un'altra sensazione ancora vaga, come di una, anzi, due punture all'altezza del...
- AAAH! CHE DOLORE FOTTUTO! VUOI TOGLIERMI QUESTE CAZZO DI COSE DAL PETTO? TOGLIMELE!-

mercoledì 22 settembre 2010

Stati di depressione e whisky in sclero. Quarta parte.



Le cinque del mattino. La nebbia nella città cominciò a farsi vedere, i suoni si fecero ovattati e qualche battona si avviò verso casa. Il problema è che alcune le conoscevo.
E' abbastanza luminoso da non far male agli occhi dopo una sbronza, e abbastanza buio da non farsi riconoscere se si è sbronzi.
Scelgono sempre quest'ora per l'incontro col messaggero, ogni giorno da sempre, stesso punto di ogni centro abitato. So che ci sono luoghi d'incontro prestabiliti anche nei deserti o in mezzo all'oceano, ma ora non mi sarebbero serviti e in ogni caso se mi avessero interessato li avrei conosciuti per istinto. Ci tengono a queste cose, per ritrovare i loro consanguinei smarriti... cazzoni.
Il mio punto d'incontro era un condominio decadente e decaduto, di quel tipo adatto a malapena ad accogliere i tossici per la loro dose, ma per com'era messo credo che anche loro avrebbero avuto le loro riserve.
Dovevo percorrere ancora due km circa, e l'idea della camminata mi faceva stancare ancora prima di iniziare. Al pullman notturno mancava mezz'ora, così ne approfittai per prendermi qualcosa da mangiare in un fast food, troppo povero per prendere un taxi. Il bello di questi posti è che se hai fame c'è sempre qualcosa di aperto, se hai sete c'è sempre qualcosa di aperto e se vuoi scopare... beh, stesso discorso. Il locale era una tipica tavola calda, di quelle aperte 24 ore su 24, stile film americano. Cosa ci facesse in questo fottuto deserto metropolitano proprio non ne avevo idea, ma l'odore del cibo era una sferzata di poesia per le mie narici.
Aprii la porta a molla di quella roulotte troppo cresciuta e feci una smorfia nel constatare che anche quella aveva il campanello, come la rivendita di liquori di Simon. Cominciavo ad odiare quei cosi.
Diedi un'occhiata al posto: bancone sulla sinistra lungo tutto il locale e tavolini sulla destra. Bagno in fondo, perfetto. Non mi sarei confuso almeno.

lunedì 13 settembre 2010

Stati di depressione e whisky in sclero. Terza parte.



Aveva soffiato solo una volta. Una specie di avviso, come per dire:"Ehi, faccia di culo! Ci sono ancora!".
Speravo la sbronza lo facesse allontanare o passare, nel caso fosse un fottuta nuova malattia del cazzo. Invece no, la sua presenza mi appariva solo trascurabile, da ubriaco. Però c'era lo stesso.
Avrei dovuto chiedermi da dove venisse, ma avevo solo il bisogno di levarmelo dalle palle.
Afferrai il Cutty Sark e feci cenno a Joseph di seguirmi mentre andavo nel retro del locale. Lasciammo Simon ad aprire il negozio per il turno pomeridiano e servire qualche altro alcolizzato o barbone o nuovo maggiorenne occasionale.
Non avevo più voglia di parlare, e mi lasciai raccontare un po' della vita di Smile, senza che avessi fatto alcuna domanda. Presi due casse di legno e le misi a terra: ora avevamo le sedie.
- Mi stai ascoltando almeno? - Si lamentò Denti Casual.
- No - Risposi secco.
- Fanculo Jack. Comunque riassumo: ho un appartamento in centro ed una pensione d'invalidità, perché lavorando in una fabbrica di detersivi, dei prodotti chimici mi hanno danneggiato gli occhi. -
- Cazzate.-
- Vero. Ma il mio avvocato è riuscito a dimostrare che era la verità. -
- Bevi.Hai sigarette? Gli passai la bottiglia.-
- No. Tabacco e cartine se vuoi. -
Prese la bottiglia e tirò fuori dalla tasca dei jeans un pacchetto di Golden Virginia.
- Ma non hai le tue?! Si lamentò mentre prendevo la busta del tabacco.-
- Si. -
Girai una sigaretta e l'accesi con lo zippo. Dopo due secondi netti arrivò Cicciocapriccio, ed aprendo la tenda che separava il ripostiglio dove stavamo, disse quasi balbettando:

venerdì 3 settembre 2010

Stati di depressione e whisky in sclero. Seconda parte.



Ero abbastanza sbalordito.
Provai ancora a dire qualcosa nell'immobilità della scena, sentendomi un po'cretino, sia a voce alta che a voce bassa. Scoprii che sussurrando, l'aria attorno si muoveva, come se avessi fatto nascere una sorta di vento con le parole, e urlando tutte le cose vicine venivano investite come da un'onda che le muoveva e distorceva l'immagine di esse, senza alterarle dopo essere passata.
Provai a toccare con un dito il fucile di Simon.
In quell'istante esatto, come avessi premuto un interruttore, il sospiro che sentivo ininterrottamente durante la pausa (ormai chiamavo così quella fottuta situazione che bloccava ogni movimento circostante) cessò , e diversamente dalle altre volte, tutto ricominciò a muoversi immediatamente.
Come se avessero scaraventato il fucile lontano da me, quello sbattè violentemente sulla parete che avevo davanti mentre lo toccavo, strappandolo letteralmente dalle zampe unte dell'idiota che lo brandiva. Il proiettile centrò in pieno una delle bottiglie che ancora stavano sospese in aria, e le altre due si frantumarono al suolo.
Simon rimase per un attimo nella posizione stupida di quando aveva sparato, poi si voltò verso di me, gli occhi spalancati dal più profondo terrore. Credeva di avermi colpito, lo stronzo, e non si aspettava certo di trovarmi al suo fianco in quel preciso istante, come non me lo sarei aspettato io d'altronde.
Alzai le mani, lui guardò il fucile che si era distrutto sul pavimento, coi suoi pezzi sparsi come becchime per polli.
- Non sono stato io! Almeno credo...- Esclamai.
Mentre l'odore acre dei liquori si spargeva nerll'aria, si voltò ancora verso me, i suoi occhi guardarono in alto