Le cinque del mattino. La nebbia nella città cominciò a farsi vedere, i suoni si fecero ovattati e qualche battona si avviò verso casa. Il problema è che alcune le conoscevo.
E' abbastanza luminoso da non far male agli occhi dopo una sbronza, e abbastanza buio da non farsi riconoscere se si è sbronzi.
Scelgono sempre quest'ora per l'incontro col messaggero, ogni giorno da sempre, stesso punto di ogni centro abitato. So che ci sono luoghi d'incontro prestabiliti anche nei deserti o in mezzo all'oceano, ma ora non mi sarebbero serviti e in ogni caso se mi avessero interessato li avrei conosciuti per istinto. Ci tengono a queste cose, per ritrovare i loro consanguinei smarriti... cazzoni.
Il mio punto d'incontro era un condominio decadente e decaduto, di quel tipo adatto a malapena ad accogliere i tossici per la loro dose, ma per com'era messo credo che anche loro avrebbero avuto le loro riserve.
Dovevo percorrere ancora due km circa, e l'idea della camminata mi faceva stancare ancora prima di iniziare. Al pullman notturno mancava mezz'ora, così ne approfittai per prendermi qualcosa da mangiare in un fast food, troppo povero per prendere un taxi. Il bello di questi posti è che se hai fame c'è sempre qualcosa di aperto, se hai sete c'è sempre qualcosa di aperto e se vuoi scopare... beh, stesso discorso. Il locale era una tipica tavola calda, di quelle aperte 24 ore su 24, stile film americano. Cosa ci facesse in questo fottuto deserto metropolitano proprio non ne avevo idea, ma l'odore del cibo era una sferzata di poesia per le mie narici.
Aprii la porta a molla di quella roulotte troppo cresciuta e feci una smorfia nel constatare che anche quella aveva il campanello, come la rivendita di liquori di Simon. Cominciavo ad odiare quei cosi.
Diedi un'occhiata al posto: bancone sulla sinistra lungo tutto il locale e tavolini sulla destra. Bagno in fondo, perfetto. Non mi sarei confuso almeno.
Due dei tre tavoli erano occupati. Uno ospitava un barbone sbronzo che ronfava, l'altro una coppia eterosessuale di goth, quelli che danno un senso romantico alla morte, come se alla morte importasse qualcosa sull'essere romantica o meno.
Come nei migliori stereotipi che si rispettino, al bancone c'erano vari sgabelli, di cui solo uno occupato da una specie di operaio panciuto che sorseggiava qualcosa che sospettai essere caffé. Ma che cazzo ha da fare la gente alle cinque del mattino? Probabilmente la stragrande maggioranza delle persone va in giro alla ricerca di questi bar massacrati dal tempo, a quanto pare.
Poggiai le chiappe sullo sgabello vicino alla cassa, e venne subito a scocciarmi da dietro il bancone una sorta di barbie di cinquant'anni circa, come il chewing gum che masticava noncurante dell'inquinamento acustico che provocava.
Esordì con uno squillante:
- Cosa ti porto, tesoro?
Probabilmente era una di quelle che chiamavano "tesoro" anche il commercialista, o il gatto, o il tappeto davanti alla porta.
- Pane tostato, due uova sode e una birra grande.
- Non posso venderti alcolici a quest'ora.
- La birra non è un alcolico, è uno stile di vita. Vuoi sopprimere la mia esistenza, "tesoro" ?
Il tipo di fianco a me, l'operaio, fece un ghigno divertito senza levare lo sguardo dalla tazza mentre beveva, stile "ho sentito, ma non ci sono".
La cameriera fossile si allontanò e andò a dare l'ordinazione in cucina, paurosamente nascosta alla vista dei clienti. Ci doveva essere una moda di cui non ero a conoscenza, perché anche lei bofonchiò qualcosa. A quanto pare tutti bofonchiavano. Cavoli, uso così tanto questo termine che sta perdendo significato...
Guardai un po' il tipo al mio fianco. Si girò e una voce rauca e profonda mi chiese con aria cordiale:
- Qualcosa non va?-
- Niente, pensavo di averti visto da qualche parte, ma forse mi sono sbagliato.- Risposi.
Mi guardò con aria stanca: - Può darsi, si vedono così tante persone nella vita che a volte è molto difficile ricordare tutti.-
Troppa saggezza per un operaio che sorseggiava caffé. Tornò Miss Tesoro e poggiò sul banco la mia ordinazione, con una birra che sembrava uscita da un relitto della seconda guerra mondiale. Almeno era fredda.
Diedi un sorso e non era male. Prima di addentare la prima fetta di pane tostato, scura da essere sicuramente mediorientale, mi bloccò il braccio con una mano che ricordava la pelle di un pollo bruciato: - Sono 6 e 80, bello.-
- Prima ero un tesoro, adesso 'bello'. Sono declassato o evoluto?- E le porsi una banconota da dieci: - Non tenere il resto.- Se ne andò e dissi spazientito a voce alta: - Ma dovete tutti bofonchiare qualcosa quando ve ne andate? Che cazzo è, una malattia?- Giuro, ero davvero seccato. Il barbone si svegliò di scatto, si guardò intorno e ricominciò a dormire e russare, i goths mi guardarono come se avessi avuto la lebbra con le tipiche smorfie dei nobili che vedono la feccia per la prima volta e l'operaio fece l'espressione di prima. A quanto pare aveva una di quelle tazze senza fondo che vendono in tv, visto che continuava a bere.
Le uova erano poco cotte, ancora un po' e usciva il pulcino. Il pane era carbonizzato e la birra vecchia ma fresca. A me andava bene.
- Come fai a mangiare quella roba?- Mi chiese il compagno di banco.
- Si chiama fame. E tu come fai a tenere una tazza così tanto tempo? Fosse stata una pipa l'avrei caricata almeno tre volte.-
Sorrise e posò la tazza immortale sul bancone per la prima volta: - L'importante non è quanto tempo tieni quello che hai, ma come lo senti.-
Cominciava ad incuriosirmi: - Io sono Jack.-
- Mi chiamo Ismaele-
Tutto cominciò a girarmi attorno, e non era la birra. Solo una specie di vortice mentale improvviso, che smise immediatamente. Le porte e le finestre erano chiuse, eppure un leggero vento fece svolazzare un po' dei fogli delle ordinazioni e sollevò le tovaglie. Avevo trovato il mio contatto.
Stetti zitto per qualche secondo, poi chiesi: - Sono ancora tanti quelli che girano per la notte come noi?-
Mangiò la foglia e commentò più che rispondere: - Ormai non c'è più tanta gente. Pochi ma buoni, e non sono quelli che si fanno vedere. Tu spicchi molto, anche se sei vestito di nero.-
Ok. Mi stanno cercando. Chissà cos'ho fatto prima di dimenticare di nuovo.
- Posso offrirti un caffé?- Chiesi a Ismaele.
- Io non bevo caffé.-
- Allora prendi quello che cazzo vuoi, offro io.-
Chiamò il chewing gum del giurassico e ordinò un Chivas Regal. Probabilmente neanche i contatti o i messaggeri erano astemi.
Aspettai che finisse il drink, mentre lo guardavo e pensavo a come sarebbe stato dopo. Tutti cambiavano, quando non c'era gente.
Finì il drink, pagai, presi una birra da portare via e lui tenne la tazza portandola con se.
All'uscita suonò ancora quel fottuto campanello. Alzai un braccio e strappai tutta quella roba dalla porta. La cameriera rimase sotto shock, i goths tirarono un sospiro di sollievo, Ismaele rise e io mi sentii più sollevato. Il barbone probabilmente era morto: non russava più e teneva ancora gli occhi chiusi.
Buttai sul marciapiede quella roba odiosa e comincia a seguire l'uomo tazza. Per dieci minuti non disse niente, continuava a sorseggiare. Dovetti rompere io il ghiaccio: - Perché non ti fai vedere meglio? Non ti sta bene quell'aspetto.-
Rise di nuovo, rimenendo di spalle. Rimase fermo, senza girarsi, un lieve fumo cominciò ad avvolgerlo.
Quando il fumo si diradò, era avvolto da un mantello nero, col colletto molto alto.
- Certo che sei uno stereotipo abbastanza noioso.- Dissi annoiato. Aveva cambiato solo gli abiti, anche la tazza era rimasta nella sua mano.
- Mi trovo comodo così.-
- E la tazza? Non c'erano così quando hai comprato l'abito da batman nell'ottocento.-
- Mi piace la tazza, e c'è una cosa che non posso trovare sempre.-
- La tua autostima?-
Rise di gusto: - Mi hanno detto che eri stronzo, ma non pesavo fossi divertente!-
Non mi sentivo divertente.
- Cosa diavolo c'è in quella tazza?-
- Ci sei tu. O meglio, quello che ho bisogno di sapere di te.-
- Allora sputala, deve avere un saporaccio.-
- E' molto intenso, e sono sicuro che non prenderesti in giro i miei abiti se conoscessi i tuoi.-
- Non li prendo in giro. Non ne ho bisogno. Piuttosto, come andiamo di là?-
- A piedi.-
- Sei una rottura di coglioni.-
- Lo so.-
Non avremmo preso il pullman, e non avevo voglia di camminare. Ma se un contatto vuole andare a piedi e perdere tempo, vuol dire che chi mi ha chiamato non è ancora pronto e ha bisogno di tempo per preparare domande e accoglienza.
La birra stava finendo.
- Hai una sigaretta?-
- Non fumo.-
- Questa me la segno.-
Passarono ancora cinque minuti e si girò verso di me, aveva finito il contenuto della tazza e piangeva.
- Alla tua età piangi? Dai, ti compro un altro caffé o qualcosa di più forte.-
- Mi spiace... -
- Cosa?-
- Tutto quello che hai vissuto... Fa male. Capisco il fatto che tu voglia dimenticare...-
Divenni serio, mi stavo incazzando.
- Chi ti ha dato quella tazza? Dimmelo!-
- La conosci già, stiamo andando da lei. Anzi, ci stai andando tu, io non servo ora. Forse ci ritroveremo da un'altra parte, o in un altro tempo.-
- Lei?-
- Stai per incontrarla.-
- Ma ti devo rompere il culo a cal... -
Erano due. Due dolori lancinanti e acutissimi all'altezza delle scapole. Urlai come un dannato, lasciai cadere la bottiglia che non si ruppe, qualche gatto scappò dai cassonetti nel vicolo vicino, un cane cominciò ad ululare disperato.
Il dolore era lento, forte, penetrante e costante. Andava sempre più avanti, mi trapassava.
Sotto le spalle, sul petto, due puntini rossi e brillanti si facevano strada fuori dalla mia pelle, avvitandosi e squarciandomi muscoli e vestiti. Guardai incredulo, ancora la bocca spalancata, ma non riuscivo più ad urlare. Qualche lacrima scendeva sulle guance. Lacrime rosse.
Voltai lo sguardo su Ismaele, mi guardava con compassione, come se sapesse a cosa serviva questa specie di tortura. Aveva la voce di un vecchio che ha vissuto troppe guerre quando mi disse:
- Hai gli occhi bianchi. Completamente. Ti riprendi in fretta le tue caratteristiche.-
Con una sorta di rantolo cercai di parlare:
- P... e... r... c... h...-
- Non sei andato in 'pausa' perché non te l'abbiamo permesso. E per fortuna non ne hai preso bene coscienza, se no non ce l'avremmo mai fatta.-
Intanto gli affari che uscivano dal mio petto avevano raggiunto una lunghezza di circa una decina di centimetri, e uscendo scattarono in avanti, seguiti da cavi che sembravano d'acciaio, ricoperti dal mio sangue e dalla mia carne a brandelli.
Si aprirono come due ombrelli e tornarono indietro, affondando degli ami sul mio corpo. Tutta l'aria mi uscì di colpo dai polmoni, quando venni catapultato sulla strada, indietro di qualche metro. Mi sentivo svenire, faceva un male fottuto. Quei cazzo di arpioni mi tiravano e trascinavano indietro, vedevo sfocato l'uomo che si allontanava e gettava la tazza a terra, in un'onda di cocci frantumati.
Stavo per perdere i sensi, gli arpioni tiravano e laceravano, la pelle si tendeva e sembrava strapparsi in una lentezza estenuante. Vidi il riflesso dei lampioni sulle pozze di sangue che avevo lasciato sull'asfalto, mentre gli occhi mi si chiudevano verso le tenebre che tanto mi piacevano in passato.
Cercai di conservare un barlume di lucidità, ma era difficile, non riuscivo... Un'ultima frase all'uomo della tazza, solo una, come un sospiro che fece molto più rumore dell'urlo che avevo liberato poco prima:
- Mi... devi... un... giubbotto...-
Svenni.
sei geniale...
RispondiEliminaè solo un'impressione, col tempo svanirà.
RispondiEliminaComplimenti.
RispondiEliminaContinua così.
E grazie per esserti ricordato.
Ciao! :)
RispondiEliminaSono capitato qui per caso e ho letto la prima parte di questa pagina..inutile dire che non ho avuto esitazioni nell'andare a cercare l'inizio del racconto!E dopo una lettura tutt' ad un fiato, eccomi qui! :D
Mi piace l'idea, mi piace il personaggio e mi piace pensare che tutto resta nella nebbia: dici tutto ma non dici niente. Bello! :D
Continuerò a leggerti di sicuro! ^_^
Complimenti e buon lavoro!!! ;)
beh... grazie a tutti :D a breve pubblicherò la quinta parte.
RispondiEliminase va bene già tra qualche giorno sarà sul blog.
intanto mi levo il rossore dalla faccia perché devo uscire e sembrerei ubriaco, brutta cosa se devi farlo in seguito con gli amici.
ciao e grazie ancora :)