Ok, può capitare a tutti, questo è normale.Di solito una tessera si perde per tre validi motivi:
1) non ti ama più e se ne va;
2) non la ami più tu e lei se ne accorge, andandosene;
3) era biodegradabile e l'hai mangiata a pranzo con la salsa barbeque credendola un cracker, mentre se ne stava andando a causa di uno dei due motivi sopra riportati.
E' davvero strano quanto una semplice tessera possa essere importante soprattutto quando non
la si è mai usata. Voglio dire, ce l'hai nel portafoglio tranquilla tranquilla e sonnacchiosa, e sei per caso in giro, quando ti imbatti in un parcheggio. Ti serve la tessera per entrare, ma non quella. Apri il portafoglio, lei ti guarda speranzosa di perdere la sua verginità magnetica ma niente, non tocca a lei e ne prendi una a caso dalle 236 che normalmente tieni per ogni evenienza.
In questo parcheggio si sta svolgendo del tutto casualmente una festa di quartiere, tra bancarelle e stands. Ecco, questi stands sono esattamente 234. Tutti i club, locali e sale bingo in cui sei entrato, o di cui hai solamente sentito parlare da uno che ha detto una volta per caso che forse un cugino di un suo amico molto probabilmente aveva sentito il nome del posto da una combriccola di amici tedeschi ubriachi di passaggio e quindi forse non era neanche quello il nome, hanno uno stand. E hai bisogno della tessera per ognuno. Ma non hai bisogno di quella tessera.
Poi, due sbronze dopo (che poi sarebbero 36 ore dopo), quando bel bello sei al supermercato, ti chiedono quel rettangolino plastificato che non hai mai usato. Ed è strano che te lo chiedano, perché in quel supermercato c'è ancora la cassiera che ricorda i prezzi a memoria ed il lettore del codice a barre elettronico è considerato figlio primogenito del diavolo e godzilla, nato in un plenilunio di sangue il 6 giugno di un anno a caso che finisca con il numero 6.
Non ce l'hai. Cerchi in ogni anfratto del portafoglio, ti fai largo tra i pipistrelli, sostituisci l'idolo sacro con un sacchetto di sabbia e vieni rincorso da una palla di pietra gigante, tutto sudato esci e niente. Nel portafoglio non c'è.
Solo un biglietto: "sono scappata col codice fiscale. addio."
Ti fai prestare la tessera da uno a caso, che diversamente da te ce l'ha usata e strausata tanto che prima di scansionarla bisogna fare il calco col gesso, ed esci un po' triste perché non te l'aspettavi. E hai anche dovuto pagare il gesso per il calco.
E qui arriva la seconda parte dell'avventura: recuperare o sostituire il suddetto documento. Come trovare l'ufficio addetto a questi affari? Molto semplice: trovi un bastone di circa due metri, ti rechi al centro della piazza più grande del paese o città in cui vivi, monti la tua carta d'identità in cima al legno, fissi il tutto nel buco di un tombino e aspetti mezzogiorno. A quel punto un raggio di sole si rifletterà sul numero della carta e ti indicherà un pensionato seduto vicino alla fontana. Chiedi a lui, che lo sa.
Raggiunto il posto ti accorgi che sono presenti le categorie di persone che non hai assolutamente voglia di vedere normalmente, figurati in una fila di 47 persone: vecchietti e bambini. I primi pizzicano con mosse degne di un settimo dan di kung fu le guance dei secondi, che con capacità liriche mai immaginate si lamentano in loop. E in stereo. Partono ora le frasi sentite, risentite e che si sentiranno sempre:
- Chi è l'ultimo?-
- Lei, signora.-
Oppure:
- Sono dentro da tanto? -
- Ma se l'impiegato è lei?-
- Ah, già! -
Siete tutti in attesa in un lungo corridoio, tre fusi orari separano il tuo posto dalla porta in cui devi entrare. In quell'ufficio lavorano solo la mattina, chiudono i battenti alle undici e mezza, apertura sportelli undici e venticinque. Servono una persona ogni due settimane. Dopo finalmente quattro anni è il tuo turno. Hai il numero 9. Intanto alcune vecchiette sono state portate via dagli egittologi, molti bambini si sono sposati e hanno avuto figli, li hai visti crescere e ti ci sei affezionato un po', fino a che non ti sei reso conto che i bambini che si sono sposati ora sono altri vecchietti che con mosse degne di un settimo dan di kung fu pizzicano le guance ai bambini che con capacità liriche mai immaginate si lamentano in loop. E in stereo. E le stesse frasi si ripetono.
Ti accoglie dietro una porta bianca un essere simile a Gandalf il bianco, ma senza barba, solo con i baffi e i capelli... beh, i capelli... solo con i baffi. Esso è l'addetto al tuo problema.
La stanza è al di fuori dal tempo, due ichtyosauri giocano in un acquario e senti vagamente un odore di felce. Scopri così che la colpa della durata dell'attesa non è di chi entra, ma proprio dell'ambiente, perché ci sono stato cinque minuti, ma all'uscita le generazioni nel corridoio erano andate avanti almeno di trenta. Cinque minuti per dire:
- Ho smarrito la mia tessera.-
- Ha sbagliato ufficio, deve andare all'altra porta. -
Dopo anni in attesa hai maturato una pazienza che ti fa pensare al dalai lama come ad un guerrafondaio, quindi non ci dai tanto peso quando esci procurando un po' di cibo dalla selvaggina cacciata nelle piante sulla scrivania dell'impiegato, per affrontare un'altra fila probabilmente composta da evoluzioni umane di millenni.
Con una mano sulla spalla ti si blocca prima di uscire:
- Aspetti.-
- Che c'è?-
- Per entrare di là ha bisogno della tessera.-
E poi mi chiedono perché bevo.
Jack.